Springsteen a Ferrara: polemiche e tifoserie

Un paio di riflesioni sul concerto di Springsteen, visto che come al solito si stanno formando due tifoserie: quella che non bisogna toccare la musica e quella ecologista. Sui social è normale questa cosa, le tifoserie sono una parte molto rilevante da quando sono nati. Devo dire che c’è una minoranza, fuori tra questi due schieramenti, che mi trova d’accordo: era meglio non farlo in questo periodo di alluvioni.

Ho cominciato a collezionare dischi di Springsteen a 14 anni. Ero pazzo per quell’uomo che teneva, per tre ore e mezza, la gente a ballare. Conoscevo tutto di lui: la storia, i suoi “maestri” in cui si rispecchiava, la politica ecologista degli anni 70 che lo aveva portato a schierarsi contro il nucleare, l’ambientalismo quando in pochi ne parlavano. Lo conosciamo tutti e tutte questo artista in fondo. Quasi tutti.

E mi ha anche aiutato nei momenti difficili della vita quando ho venduto parte della collezione per racimolare qualche soldo. Avevo dischi rarissimi, prima ancora che diventasse il “boss”.

L’altro giorno era a Ferrara, in un parco, e ovviamente ha fatto ballare decine di migliaia di persone per tre ore. Non sono andato: non per i soldi (avrei tranquillamente scavalcato come ho fatto tante volte) ma per la tristezza dei morti e della distruzione dell’alluvione. Era decisamente fuori luogo ballare in mezzo ai morti.

Mi è dispiaciuto che non lo abbiano avvertito, sono convinto che ci avrebbe pensato due volte prima di suonare (un giornale americano ha scritto che Springsteen è venuto a sapere dell’alluvione la sera stessa, a concerto praticamente iniziato). Lui che ha bloccato concerti per molto meno e ha donato soldi alle sciagure del clima. Ma questo non tutti lo sanno.

Ma come sappiamo le amministrazioni comunali, gli sponsor, non potevano permettersi di annullare questo concerto; milioni di euro lo testimoniano.

Pare che sia incazzato per non essere stato avvertito, sarà vero? È possibile.

Dopo il concerto il parco è diventato una landa deserta senza più erba (come si vede nella foto) ci vorranno mesi per sistemare il terreno e farlo tornare com’era prima. Ma questo è normale: ogni concerto, se fatto all’aperto, crea danni. Basta vedere quel canterino di Jovanotti cosa combina ogni volta che suona. O cosa hanno combinato i Pink Floyd anni fa. O Woodstock. Pensate che la tre giorni di Woodstock, che si ricorda come il concerto dei concerti, ha reso necessario due anni di lavoro per sistemare quel terreno. Ma nessun ecologista ne parla male, perché? Perché quel concerto ha cambiato il movimento hippie e lo ha politicizzato. Quindi tutti muti. Eppure la salvaguardia della natura, diciamo così, non dovrebbe avere privilegi: David Bowie si, Deep Purple no. Non funziona così. Io sono sempre per i concerti negli stadi, tanto sono dei water in cemento, ormai il danno lo hanno fatto; ma i concerti nei parchi esistono da 100 anni, non da oggi. Le cartacce e le bottiglie le lasciavano anche i nostri genitori negli anni 60. E le piante secolari le tagliavano a decine per i concerti dei Rolling Stone o dei Beatles. Negli ultimi anni il pensiero ecologista è diventato molto più sensibile, con ragione ovviamente, ma invece di lamentarsi sui social si potrebbe occupare un parco e non fare entrare i Tir degli artisti; lo fanno in America, in Inghilterra, In Francia. In Italia no.

Non sono un bacchettone, ho visto decine di concerti nei parchi, e so che succede all’erba ma non mi aspettavo che in mezzo a morti e distruzione, a gente che ha perso tutto, si tenesse lo stesso.

A fine concerto pare che il boss sia andato via incazzato per le notizie che ha saputo. Io spero sia così, e spero che vada via da questo paese insensibile. Che non suoni né a Roma né a Milano, che vada via.

L’Italia, come diceva un vecchio poeta: “È un paese meraviglioso ma inutile”.

Detto questo è inutile prendersela con un artista in particolare, la responsabilità non è mai dell’artista ma del potere: sindaci, amministrazioni comunali, responsabili dell’ambiente, organizzatori, associazioni. L’artista può ovviamente dire di no e pagare le more per le clausole di contratto ma non è lui a scegliere il posto dove esibirsi. Quello lo decidono le amministrazioni comunali a braccetto con gli organizzatori.

E a questi individui delle alluvioni frega nulla. Basta riempirsi le tasche.

OlS

Lascia un commento